Comunità Energetiche: il project work di cinque giovani talenti della 24ORE Business School
Tra i grandi driver che ci condurranno verso un futuro più energicamente efficiente, sostenibile e attento ai consumi, il tema della condivisione dell’energia nelle Comunità Energetiche (CER) desta sempre più interesse.
Le stesse Direttive Europee sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili stanno regolamentando le Comunità Energetiche, avvalorandone le potenzialità e la possibilità di applicazione già da oggi.
Quello delle comunità energetiche è un tema sul cui valore crediamo fermamente: quando ci è stato chiesto di partecipare come azienda partner del master in Energy management e sostenibilità ambientale organizzato dalla 24ORE Business School e di collaborare con gli studenti su un progetto riguardante le Comunità Energetiche, abbiamo risposto con entusiasmo.
A conclusione del lavoro abbiamo poi chiesto a Cristina Colombo, ventiduenne portavoce del team di giovani studenti partecipanti, di raccontare l’esperienza e il progetto, risultato poi vincitore della competizione interna il corso. È a lei che lasciamo parola per il resoconto e la testimonianza del valore del loro lavoro.
Con quali finalità e aspettative hai scelto questo master?
Sono una laureata triennale presso l’Università Statale di Milano in Scienze e politiche ambientali, una facoltà estremamente innovativa nata nel 2018, l’anno in cui mi sono iscritta, con l’obiettivo di coniugare aspetti tecnico scientifici a quelli economici. Gli esami che ho sostenuto spaziavano dalla matematica alla chimica, dall’ecologia alla genetica, dalla microeconomia al management ambientale, fino alla pianificazione e governo del territorio. Ho scelto il master in Energy management e sostenibilità ambientale della 24ORE Business School perché a fronte di una solida preparazione teorica desideravo applicare le mie conoscenze in progetti pratici e concreti. Il mio percorso di studi incentrato sulla sostenibilità mi ha portato a valutare positivamente la proposta del master e a sceglierlo come completamento del mio percorso formativo.
Il lavoro svolto a conclusione del Master non è però stato individuale, giusto? Eravate un gruppo. Com’era composto il vostro team di lavoro?
Esatto, al progetto abbiamo lavorato in 5, dando vita ad un team che ha preso il nome di PACRIDE dall’unione delle iniziali dei nostri nomi: Piera Gerli, Andrea Salomoni, Cristina Colombo, Davide Caspani, Elio Marziale. L’eterogeneità dei nostri percorsi universitari e delle nostre competenze ci ha permesso di lavorare in sinergia e completarci laddove ad alcuni mancavano le competenze di altri: il nostro punto di forza è stato avere esperti in sostenibilità, in economia, in relazioni internazionali, in ingegneria. Ognuno ha avuto un ruolo chiave nella stesura della relazione e del business plan finale e differenti punti di vista ci hanno permesso di lavorare in modo ottimale.
Qual è stato il focus del vostro progetto, quale il punto di partenza del vostro lavoro?
Il nostro punto di partenza è stata la nuova tematica delle Comunità Energetiche. Da novembre 2021 è entrato in vigore in Italia un nuovo piano di incentivi, quindi, essa rappresenta un tema in auge, di cui si parla molto. CO2save si è proposta all’interno del master come azienda con la quale approfondire il tema, e a noi è sembrata un’occasione da non perdere.
Nell’analizzare le Comunità Energetiche ci siamo fatti un’idea dei vantaggi economici, sociali e ambientali che creare comunità che condividano la propria energia possa dare. La ricerca teorica condotta nella prima fase ci ha dato gli strumenti da applicare poi nella seconda, quella che ci ha calato nella realtà del case study: creare un modello di Comunità Energetica, redigere un business plan, progettare la realizzazione di un impianto fotovoltaico, calcolare il risparmio di energia e di CO2 emessa e mettere i dati in relazione all’investimento iniziale, calcolandone svantaggi e vantaggi.
Qualche dettaglio in più sull’esercizio applicativo: cosa avete immaginato nel concreto?
Abbiamo considerato un centro commerciale padovano e lavorato sull’ipotesi di una Comunità Energetica che considerasse come attori principali un supermercato e uno store di abbigliamento. Trovandoci in un centro abitato non abbiamo potuto valutare un impianto eolico, scegliendone invece uno con oltre 2000 pannelli fotovoltaici da posizionare sul tetto della struttura, coprendo un’area pari a 9500mq. Il posizionamento dei pannelli ha richiesto uno studio specifico: di solito vengono orientati verso sud per ottenere un irraggiamento solare ottimale. Nel nostro caso invece, il centro commerciale andava a consumare più energia nella fascia d’orario centrale, facendoci realizzare che ciò di cui necessitavamo era un quantitativo di energia più costante durante tutto l’arco temporale della giornata, quindi una disposizione est-ovest a capanna dei pannelli risultava essere più performante. Grazie ai dati forniti da CO2save, che hanno registrato il consumo del centro commerciale ogni 15 minuti per un interno anno, abbiamo valutato quanta energia autoprodotta andava consumata e quanta invece andava acquistata dal mercato sul consumo totale a cui, nella stesura del business plan proiettato su 20 anni, sono stati aggiunti anche tutti gli incentivi statali previsti. Abbiamo ipotizzato costi iniziali e costi di mantenimento, contattato assicuratori per stilare polizze sui pannelli, tenuto conto del costo di affitto della superficie del tetto utilizzata e della manutenzione ordinaria e straordinaria.
A che risultati siete giunti? E quali, secondo voi, potrebbero essere gli scenari futuri delle comunità energetiche?
Il sostegno statale alla realizzazione delle comunità energetiche offre vantaggi notevoli. Nel nostro caso, a fronte di un investimento di 1 milione di Euro come capitale iniziale, in meno di 3 anni si rientra dall’investimento e si guadagna subito in bolletta. Quindi, come risultato abbiamo vantaggi economici anzitutto ma anche vantaggi ambientali: nel nostro lavoro abbiamo registrato un risparmio pari a circa il 38% di emissioni di CO2, che equivale a piantare ogni anno 25’000 alberi. Inoltre, le comunità energetiche e la condivisione di energia implicano il non essere più dipendente da enti venditori, e aiuterebbero il pianeta ad essere coerente agli obbiettivi Onu per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030.
Il nostro case study ha valutato la realtà di un centro commerciale, ma le comunità energetiche potrebbero in un vicinissimo futuro interessare anche complessi privati, quartieri di città o piccoli paesi. Ognuno diventerebbe allora attore vero e proprio nella trasformazione verso la maggiore sostenibilità a cui i paesi vanno incontro e che prima o poi tutti dovremmo sostenere.
Com’è stato lavorare con CO2save? Quale il contributo, il materiale e il supporto su cui avete potuto contare durante la realizzazione del progetto?
Andrea Vignali, AD di CO2save, che ci ha seguito durante tutte le fasi del lavoro, ci ha indirizzati e supportati con suggerimenti volti al miglioramento di alcuni aspetti o alla riconsiderazione di alcuni parametri, ma senza imporre la sua visione sulla nostra. Abbiamo avuto sì supporto, ma moltissima libertà di azione. I continui confronti settimanali ci potevano aiutare sull’andare o meno in una direzione, ma le redini del progetto sono state sempre lasciate a noi, e questa è stata una grandissima opportunità per metterci in gioco a 360° potendo contare su un aiuto presente ma rispettoso dei nostri spazi e delle nostre scelte. Anche a livello umano, il rapporto di collaborazione con il personale dell’azienda è stato più che mai naturale e spontaneo, al di là di ogni barriera data dall’età o dal ruolo.
Il nostro lavoro si è posto come obiettivo quello di rimanere fortemente ancorato alla realtà, e per esserlo abbiamo avuto bisogno di dati scientifici, numerici, concreti. CO2save ci ha fornito tutto ciò di cui avevamo bisogno, dai dati ai contatti con professionisti del settore a cui chiedere consiglio, affinché il nostro lavoro acquistasse il necessario valore scientifico, esattamente come auspicavamo.
Quali sono gli ostacoli che vedete oggi alla diffusione delle comunità energetiche, visti e considerati i numerosi vantaggi che offrono?
Innanzitutto, la cultura del cittadino comune. Il sindaco del piccolo paese, il comitato di quartiere della città, non sanno di che cosa si tratti e quali vantaggi possa portare la comunità energetica. In Italia purtroppo siamo anche sempre un po’ restii al cambiamento, su tutto. Inoltre, quello legato alle comunità energetiche è un investimento non indifferente a cui dover far fronte, servono capitali: nel nostro case study abbiamo previsto un iniziale investimento di 1 milione di euro per il centro commerciale, che però andavano ad ammortizzarsi in meno di 3 anni.
Green washing: come vedete questo progetto nell’ottica della comunicazione fake sulla sostenibilità?
La sostenibilità di basa su tre pilastri: quello economico, quello ambientale e quello sociale. Che non a caso sono gli stessi che abbiamo voluto analizzare anche noi. Non abbiamo inserito e analizzato nel progetto numeri casuali, ci siamo basati su dati scientifici e calcoli numerici e abbiamo utilizzato fattori di conversione provenienti dalla letteratura scientifica. Non c’è “aria fritta!”.
Nella comunicazione riguardante la sostenibilità manca un ente certificatore, un unico sistema: sarebbe invece opportuna una regolamentazione e soprattutto un’uniformità sull’analisi dei dati. Attualmente la sostenibilità non ha parametri che la definiscono e questo porta spesso a pubblicità e comunicazione ingannevole.
Se tu dovessi fare un viaggio nel futuro, come immagineresti quelle che oggi sono le potenzialità delle comunità energetiche, fermo restando che tutto venga normato correttamente e che ci sia una misura standard? Cosa potrebbero diventare le comunità energetiche?
Nella mia idea di mondo ideale a me piacerebbe che si arrivasse a un momento nel futuro in cui ognuno, nel suo piccolo centro o quartiere, sia legato alla propria comunità energetica. L’Italia è un Paese in cui il sole non manca e pensare a una realtà che si alimenti a pannelli solari della propria energia non è fantascientifico, né irrealizzabile. Pur avendo lavorato con l’appoggio di CO2save, noi siamo dei ragazzi giovani e magri un po’ inesperti, ma abbiamo comunque dimostrato che è qualcosa che si può fare. Se un giorno ogni piccola città avesse la propria comunità energetica saremmo liberi da qualsiasi altro tipo di alimentazione a cui a oggi siamo dipendenti.
Per concludere, cosa vi siete portati a casa da questa esperienza?
Sicuramente una conoscenza approfondita, che prima non avevamo, di cosa sono e di come lavorano le comunità energetiche; l’aver messo in pratica ciò che abbiamo studiato e l’aver sviluppato una grande capacità di adattamento e risoluzione di problemi. Nessuno di noi aveva mai svolto un lavoro simile prima, nessuno sapeva bene come partire: insieme, contando l’uno sull’altro e sul supporto di CO2save, ci siamo messi al servizio del cliente e incontrato le sue richieste. Il business plan che abbiamo redatto è stato frutto di un lavoro lungo e per niente facile, ma di cui siamo molto orgogliosi.